La riorganizzazione della rete dei punti nascita nasce in seguito all’Accordo Stato-Regioni 16 dicembre 2010, che impegna tutte le Regioni ad attuare 10 linee di azioni per la ridefinizione del percorso nascita.
La prima di tali linee (misure di politica sanitaria e di accreditamento) prevede la chiusura dei punti nascita con un volume di attività inferiore a 500 parti/anno, in quanto non in grado di garantire la sicurezza per la madre ed il neonato, prevedendo l’adozione di stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale e fissando il numero di almeno 1000 parti/anno quale parametro a cui tendere.
L’Accordo, inoltre, identifica i livelli di complessità assistenziale delle UU.OO. di ostetricia/ginecologia e di neonatologia e terapia intensiva neonatale/pediatria, e definisce gli standard operativi, di sicurezza e tecnologici a cui le Regioni devono conformarsi nel percorso di ridefinizione dei punti nascita.
Detti standard sono richiamati nel decreto del Ministero della salute di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, del 2 aprile 2015, n. 70, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 4 giugno 2015.
Le linee di azione contenute nel citato Accordo, che fanno specifico riferimento ad un sistema di rete dei punti nascita del tipo «Hub» e «Spoke», vincolano, in tal senso, le Regioni ad attivare anche il sistema di trasporto assistito materno (STAM) e il sistema di trasporto in emergenza del neonato (STEN).
Nel 2012 la Regione del Veneto, su raccolta firme promossa dal Comitato Salute del Delta guidato da Omar Barbierato, ha ritenuto di tutelare i cittadini di territori ammettendone le specificità particolari, tra i quali il Polesine, derogando nel Piano Socio Sanitario ai criteri dell’Accordo Stato Regioni.
Tali deroghe includono quelle sui Punti Nascita.
Adria, nel 2014, ha servito 441 parti, di cui oltre il 34% in cesareo.
Il Piano Socio Sanitario regionale contenente le deroghe per il Polesine e, quindi, anche per Adria, scade quest’anno e dovrà essere aggiornato e riapprovato.
L’intervista rilasciata ieri dall’Assessore veneto Luca Coletto al GR regionale delle 7.20 non promette nulla di buono in quanto esprimeva proprio il concetto che le attuali deroghe esistono in QUESTO Piano, MA che lo stesso sarà soggetto a revisione….e nemmeno quanto dichiarato dallo stesso lo scorso 4 gennaio in riferimento ai casi di decessi di madri e bimbi in ospedali veneti. Su Il Gazzettino Coletto infatti dichiara “già dal 2013 siamo intervenuti con profonde razionalizzazioni nei reparti di ostetricia, concentrando i punti nascita sul territorio in modo da avere equipes sempre più attrezzate ed esperte”.
L’azione di raccolta firme che ha consentito di sostenere l’azione delle PP.AA. di Trento e Bolzano con ben 50.000 sottoscrizioni lo scorso ha spinto il Ministro della salute Lorenzin a firmare l’11 novembre 2015 un decreto che affida al Comitato percorso nascita nazionale (un comitato composto da tecnici) il compito di esprimere un parere sulle richieste di sperimentazione in aree montane avanzate dalle regioni o dalle province di Trento e Bolzano per mantenere attivi i punti nascita inferiori a 500 parti annui nei territori montani, in deroga a quanto previsto dall’Accordo Stato Regioni del 16 dicembre 2010, a patto che siano rispettati gli standards previsti.
Il Decreto, che ancora non risulta pubblicato in G.U. e quindi ancora non entrato in vigore, concede 90 giorni al Comitato per esprimersi.
Nel frattempo, in Trentino il Comitato percorso nascita provinciale, formato da una quindicina di rappresentanti dei dipartimenti e dei professionisti coinvolti nell’attività dei punti nascita (ginecologi, ostetriche, pediatri, anestesisti, medici di base, associazioni) si è riunito per la prima volta perché l’organo che – secondo il decreto – che dev’essere consultato prima di inviare la richiesta.
La situazione in Veneto è questa:
– Nel 2013: erano ancora attivi un totale di 9 PN con parti < 500/anno che la Regione si è impegnata a riorganizzare entro il 2014 mediante l’attuazione di un modello di dipartimentalizzazione interospedaliera. La dichiarata presenza in queste UU.OO. di Ostetricia e Neonatologia/pediatria dei requisiti e degli standard indicati dagli allegati tecnici dell’Accordo del 16 dicembre 2010 come necessari per i PN di I livello, permettono di garantire adeguati livelli di qualità e sicurezza del percorso nascita; ciò consente di valutare positivamente l’impegno della Regione nel dare compimento alle linee di attività del suddetto Accordo. Tuttavia, si ritiene opportuno che la Regione trasmetta al Comitato Percorso Nascita nazionale la segnalazione dell’avvenuta chiusura dei punti nascita sopra citati, dando in tal modo adeguato riscontro della realizzazione degli impegni assunti. (fonte: DIREZIONE GENERALE DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA Ufficio X ex DGPROG – SiVeAS – VERIFICA ADEMPIMENTI LEA ANNO 2013)
– In Veneto non è stato istituito il Comitato percorso nascita regionale e che quindi il Veneto non potrà presentare subito la richiesta di deroga per le proprie aree montane anche se lo volesse;
– Le dichiarazioni dell’Assessore Coletto non sono rassicuranti.
La situazione per Adria è questa:
– La Regione Veneto si è impegnata a chiudere i punti nascita con meno di 500 parti/anno e non ha istituito il Comitato percorso nascita regionale (vedi quanto sopra);
– Adria non è in area montana.
MA è possibile spingere la Regione a:
– Istituire il Comitato percorso nascita regionale;
– farsi carico di un’azione analoga a quella delle PP.AA. di Trento e Bolzano presso il Ministero per difendere i propri territori con specificità lagunare e del Polesine che il decreto della Lorenzin non considera.
COME? : con una petizione regionale raccogliendo migliaia di firme cercando di unire le azioni di tutti i territori veneti interessati, fra i quali anche la città di Venezia, che in questo hanno il nostro stesso problema.
Elisa Corniani
Impegno per il Bene Comune
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