La sanità dovrebbe tornare in primo piano nelle scelte politiche.
Le criticità del servizio sanitario territoriale del Veneto sono ormai sotto gli occhi di tutti, anche se qualcuno fa finta di non vedere o nasconde abilmente la testa sotto la sabbia.
Le lunghe liste di attesa per le prestazioni e le fughe dei medici dal servizio sanitario nazionale verso il privato sono solo due esempi dei molti problemi che assillano la nostra sanità.
L’Ospedale di Adria, come tante altre strutture pubbliche in Veneto, soffre per scelte non adeguate effettuate da amministratori e politici che non hanno tenuto conto della peculiarità del territorio.
Le Schede Ospedaliere predisposte dalla Regione hanno tagliato posti letto negli ospedali pubblici a favore di strutture private, che hanno aumentato invece la loro capacità di ricezione.
La sanità locale adriese, in questo ultimo periodo, ha visto le dimissioni volontarie di due medici ospedalieri di cardiologia. Una estenuante durata di turni, con tour de force al limite del burnout per eccesso di stress, non può essere compensata da sole rassicurazioni di essere affiancati da medici specializzandi che, in quanto tali, devono prevalentemente perfezionare il loro percorso formativo. Il risultato è che un settore così delicato come la cardiologia oggi risulta pesantemente ridimensionato, a danno e rischio di tutta la comunità.
Inoltre i problemi, che a cascata vivono i fruitori dei servizi sanitari, ovvero i pazienti, non sono solo relativi a carenza di medici e personale e alle chilometriche liste di attesa, ma anche alla mancanza di materiale e tempo dedicato ad affrontare un primo soccorso. Per fare due esempi: l’indisponibilità di ghiaccio istantaneo da dare ad un paziente per contrastare il dolore da trauma contusivo e l’assenza di consulenza ortopedica dopo le 20, rimandata al giorno successivo, nonostante la diagnosi di frattura.
Dal 1 di luglio, inoltre, non vi e’ più un referente medico specialista di riferimento per strutture e familiari con problematiche di decadimento cognitivo, per chi avesse bisogno di terapie e visite geriatiche deve rivolgersi a Rovigo con liste di attesa oltre i minimi storici.
Stiamo assistendo, ad una involuzione graduale dei servizi sanitari, che determineranno ulteriori divari sociali tra chi potrà permettersi le cure mediche e chi, invece, non potrà usufruire di tale prestazioni. Non bastano le rassicurazioni del sindaco che dichiara di monitorare la situazione e di avere un buon rapporto con la direzione generale dell’Ulss polesana, occorre invertire la tendenza con investimenti e assunzioni. Non è più tempo di rassicurazioni, di parole, ma di azioni e fatti concreti. I cittadini e i sanitari, che continuano ad essere apprezzati per la propria dedizione e professionalità, non meritano di assistere alla lenta agonia del nostro ospedale pubblico adriese.
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Il Direttivo del Movimento Civico
Impegno per il Bene Comune
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