Alla vigilia della manifestazione contro le trivelle di sabato 3 febbraio riteniamo doveroso ricordare i motivi del no di Impegno per il Bene Comune alle perforazioni per estrazioni nel Delta e nell’alto Adriatico. Sono le motivazioni esposte tra i primi e con particolare forza dall’ing. Mario Zambon, professore dell’Università di Padova, polesano, che denunciò i rischi di una pratica che tanti danni e ferite al territorio aveva già provocato. Sono i “no” che i nostri
consorzi di Bonifica corredano da anni con dati e numeri inconfutabili.

Le conseguenze delle estrazioni del passato sono state un abbassamento del suolo in alcune zone anche di oltre tre metri. Oggi continuiamo a
pagare quella scelta degli anni 50 e 60, che si è rilevata economicamente vantaggiosa solo per chi estraeva, mentre l’onere economico di mantenere il Delta  come “terra emersa” attraverso l’azione delle idrovore, continua a ricadere sull’intera comunità: milioni di euro spesi ogni anno per alimentare le pompe e per
realizzare e mantenere difese contro alluvioni e inondazioni. Se oggi si riprendesse l’attività estrattiva il suolo già in buona parte sotto il livello del mare, tornerebbe ad abbassarsi  e le idrovore attuali, già potenti ed energivore, non basterebbero più, anzi non funzionerebbero più, e non funzionerebbe più l’intero sistema di sicurezza idraulica. Per evitare che l’acqua invada inesorabilmente un vasto territorio  occorrerebbero ingenti investimenti  per alzare
gli argini, per modificare il livello delle condotte, per potenziare le pompe. Inoltre ancor più importanti e costose dovrebbero essere le opere per ridurre la salinità dell’acqua dei fiumi, dovuta alla risalita del cuneo salino dal mare in corsi d’acqua dolce, fondamentali per l’irrigazione dei campi. C’è da chiedersi pertanto dove stia il vantaggio economico del via libera alle trivelle, poiché a fronte di un limitato contributo all’autonomia energetica nazionale c’è la certezza di un dispendio energetico ed economico notevole e un impoverimento di un intero territorio: il bilancio di una scelta di questo tipo è decisamente in rosso. Non basta, perché l’abbassamento del fondale marino implicherebbe fenomeni distruttivi delle coste, con obbligo di rinascimento delle spiagge, a meno che non si voglia abbandonare al proprio destino i litorali prossimi ai punti di estrazione. Anche qui soldi pubblici da spendere a fronte di un limitato incremento di produzione di gas che andrà a vantaggio delle compagnie di estrazione, le quali potranno anche vendere quel gas all’estero. È evidente che non ne vale la pena, e ci stupisce che ci sia ancora chi propone e difende questo tipo di attività nel nostro Polesine, perché non si deve ragionare solo in termini probabilistici, invocando quindi il principio di precauzione, le conseguenze sono certe e sono già state  tristemente sperimentate.

Per tutti questi motivi il movimento civico adriese IBC dice NO alle trivelle.


Il Direttivo del Movimento Civico
Impegno per il Bene Comune